Le Fanove a Castellana Grotte | Polignano a Mare
Sudestival
Il SudEstival a Monopoli
29 Gennaio 2018

Il fuoco della devozione, il calore della tradizione

S i racconta che, a fine Seicento, da Cattaro, l’odierna città montenegrina di Kotor sulla sponda opposta dell’Adriatico, a bordo di una nave approdata nel tratto di costa a nord di Cozze, la peste giunse nel Barese. Annidatosi nelle merci, yersinia pestis – il temibile batterio responsabile della patologia, giunse dapprima a Conversano per diffondersi, in seguito, a tutti i Comuni viciniori.  Il cordone sanitario disposto dalle autorità, infatti, non poté impedire l’abbattersi di un flagello di proporzioni inaudite. Le pessime condizioni igieniche dell’epoca, poi, facilitarono il contagio del morbo, sulle cui modalità di diffusione ancor poco si sapeva.

Il notaio castellanese Giacobbe Fanelli, in data 6 marzo 1691, scriveva: “Nel prossimo passato mese di Decembre, così permettendo Iddio giustamente sdegnato contro di noi per li nostri peccati, s’attaccò in questa terra di Castellana la peste et in spatio di giorni venti in circa, ne morirono di detto male e per sospetto di quello, al numero ventidue persone tra grandi e piccoli”. (…)

Il terrore delle sofferenze viste come segno del castigo divino, infatti, attanagliava l’animo dei castellanesi. Ogni contatto umano era evitato, ogni superstiziosa pratica, adottata.

Nel corso delle loro veglie di preghiera notturne, i due religiosi ebbero al contempo la medesima ispirazione: la Madonna della Vetrana avrebbe salvato i castellanesi. Nella notte tra l’11 e il 12 gennaio, infatti, al primicerio Lanera venne dai Cieli il comando di erigere in onore della Vergine una nuova grande chiesa e a don Giosafat Pinto fu suggerita, nel corso di una veglia di preghiera, l’unzione dei malati e la formula sacra.

Come testimoniato dal notaio Fanelli, i malati furono risanati e il contagio fu arrestato. Dal 23 dicembre del 1690, giorno nel quale emerse notizia dei primi casi, sino alla sua scomparsa, la peste provocò la morte di soli ventidue castellanesi.

In segno di gratitudine fu disposto l’ampliamento della chiesa della Madonna della Vetrana, l’attuale Santuario sulle alture castellanesi, lungo la via per Alberobello. Il sacro edificio fu affidato alle cure degli osservanti scalzi di San Pietro d’Alcantara. Dopo alterne vicende, il Santuario fu affidato ai frati minori, ancor oggi custodi della Madonna tanto cara ai castellanesi.

Il Miracolo – Mentre sostava in preghiera dinanzi all’altare nella notte tra l’11 e il 12 gennaio del 1691, don Giosafat Pinto, fu attraversato da un’illuminazione: i malati sarebbero stati sanati dall’olio che alimentava la lampada votiva e dalla semplice formula oramai celebre “Præcipio tibi soror mea peste in nomine augustissimæ trinitatis, et beatæ virginis, ut discedas ab hac terra et numquan ibi redeas”. Ovvero, “Io ti comando, mia sorella peste, che tu, in nome della Augustissima Trinità e della Beata Vergine esca da questa terra e mai più vi ritorni”. Dal mattino dopo, i dieci appestati del lazzaretto furono sottoposti al rito, i castellanesi presero a segnarsi con l’olio e la peste, così come annunziato nella visione, passò oltre.<br>

(di Daniela Lovece, tratto da “Mediterraneo” mensile culturale del Sud-Est barese)

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